LA SOCIAL TV ALLUNGA LA VITA DEI PROGRAMMI
Valerio Mischianti
“Non sai cosa ti sei perso”, una delle frasi che nessuno vorrebbe sentirsi dire. Una sentenza che racchiude , da una parte, il privilegio di chi ha preso parte ad un evento di quelli imperdibili e dall’altra lo sconforto di chi non vi ha partecipato, con la conseguente esclusione da tutte le chiacchiere da bar che si producono subito dopo la fine dell’evento stesso.
Che poi a ben guardare, il gossip, la condivisione, il chiacchiericcio, con amici o meno, è la parte migliore. “Il piacere di visione è reale solo quando è condiviso”: non corrispondeva proprio a questo, la dolce amara consapevolezza di Alex Supertramp, ma ci può stare lo stesso.
Un tempo, il senso di esclusione era certamente minore: qualche voce di corridoio dai colleghi di lavoro, alcuni compagni di liceo o di università più o meno crudeli nello spoiler; tutto sommato non c’era una pressione tale da spingerci a colmare con urgenza le nostre lacune di visione.
Con i social network site, le carte in gioco sono cambiate: Twitter, e in misura minore Facebook, sono enormi caffettiere attorno alle quali si riuniscono centinaia di migliaia di Italiani: se tutti parlano di un programma o di una puntata di una serie, e continuano a farlo anche dopo la messa in onda, è molto più difficile non curarsi di loro e passare oltre; quantomeno la curiosità ti prende. E Se non è curiosità, è certamente terrore: quello di vedere sulla propria newsfeed l’annuncio di una morte inaspettata, per esempio.
Dunque, oggi è certamente più difficile ignorare le conversazioni che avvengono a ridosso dei contenuti mediali, ed anzi queste costituiscono una molla a recuperare il terreno perduto nei confronti dei pari, guardando in timeshifting ciò che si è perso durante la diretta. Due giorni fa Nielsen ha pubblicato una ricerca dal titolo “Building Time-Shifted Audiences, Does Social Tv Play A Role?” ; la domanda è quasi retorica, ma i dati hanno confermato questa tendenza.
Ci sono diverse variabili che impattano sulla propensione a guardare il programma nei giorni successivi alla messa in onda: l’audience che il programma live ha saputo generare , i Nielsen Twitter Tv Ratings, il genere televisivo (un reality,per esempio, si consuma per sua stessa natura nel giorno stesso della messa in onda), la durata dello show, la tipologia di network (broadcast o meno), il fatto di essere première o non première. Per esempio un incremento del 10% dei Twitter Tv Ratings corrisponde a un incremento dell’1,8% nell’audience time-shifted dei 7 giorni successivi (fascia 18-34).
Fonte: Nielsen
Così come un 10% in più nell’ audience “Live”, corrisponde a un +8,3% nell’ audience +7.
In ogni caso, ferme restando le variabili sopra elencate, i programmi più social hanno un’audience +7 che nel complesso è maggiore del 36% rispetto all’audience live, mentre i programmi meno social si fermano a un +16 %.
Fonte: Nielsen
I dati emersi dalla ricerca sono ancora più interessanti se si considera che la fascia più attiva nella visione time-shifted è quella compresa tra i 18 e i 34 anni, una delle più sensibili per broadcaster e advertisers. Si possono, infatti, ricavare utili indicazioni nella progettazione dell’offerta editoriale, che deve comprendere anche contenuti snelli, flessibili, predisposti alla condivisione (video brevi e giochi per esempio) , e nella gestione dei canali social durante il live (per esempio facendo interagire il cast con i telespettatori) tenendo presente l’importanza di coinvolgere i più giovani proprio perché in grado di influenzare maggiormente la scelta dei pari che non hanno fruito di quel contenuto. Attenzione però a non ridurre la social Tv alla ricerca del buzz e a Twitter, come troppo spesso si tende a fare qui in Italia.
La ricerca prova a far chiarezza sul legame che intercorre tra buzz e scelte di visione successive alla messa in onda segnando un primo step nel difficile lavoro di misurazione degli effetti della social tv. Come afferma Judit Nagy, Vice Presidente del settore Analytics di Fox “Tutti sappiamo dell’importanza dei Social Media, ma quantificarla in modo preciso rimane ancora un mistero”. Come a dire, investire sulla Social Tv è un atto di fede: sappiamo che serve, ma non possiamo ancora dimostrarvelo fino in fondo.