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Real Time factual – izza il dibattito sociale

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Il genere factual, di cui avevamo già discusso a proposito di DMAX, è recentemente diventato molto popolare e numerosi canali televisivi gli dedicano ampi spazi del proprio palinsesto. Real Time è in pratica un canale dedicato al genere e nell’ultimo anno ha compiuto un passo in avanti nella produzione di factual: lo ha utilizzato infatti per trasmettere dei messaggi sociali, uno a sostegno delle famiglie omogenitoriali e l’altro contro la xenofobia.

Prima di entrare nello specifico dei due programmi di Real Time, Di fatto famiglie e I colori dell’amore, è doveroso spendere qualche parola su cos’è il factual. Il factual è prima di tutto un genere televisivo, molto labile e ibrido. Ha delle norme precise (il punto di vista di un unico personaggio, la serialità e la linea narrativa orizzontale e aperta o verticale e chiusa), che però vengono spesso piegate alle esigenze della narrazione. Esistono factual con una lunga serialità e altri -rari- che si concludono in un solo episodio. Il genere nasce a ridosso del take-out (Del Prete, 2015), ossia l’apprendimento: il factual trae la sua ispirazione del documentario e diventa celebre proprio attraverso il tutorial, “pescando” personaggi esperti in una data materia, spesso provenienti da canali non ufficiali come YouTube, e inserendoli dietro allo schermo televisivo (ad esempio Clio Makeup o Com’è fatto con Barbara).

Proprio Sergio del Prete, ex Discovery e attuale Vice Presidente di Viacom, ne ha ampiamento discusso nell’ultimo numero di LINK, Gente dovunque. Le storie che animano il factual provengono dalla realtà, non c’è dietro nessun artista a intessere le fila di una narrazione originale. Quello che si vede è quello che accade veramente nel mondo fuori dallo schermo. Il factual si è affermato molto negli ultimi cinque anni, raggiungendo un buon successo di pubblico, soprattutto sui canali dedicati al genere. Un successo derivato, secondo Del Prete, da un fenomeno di “fascinazione della realtà”, che amplifica al massimo il “realismo emotivo” (Ang, 1985), perché ciò che sta dietro lo schermo, sta anche al di fuori, probabilmente accanto a noi.

Il genere si è declinato in mille forme, dalla cucina agli hotel, dal survival al makeover, ultimamente, però, i contenuti factual più frequenti e trasmessi sono quelli che raccontano le vite extra-ordinarie di persone comuni, senza particolari competenze. Scrive Del Prete

“La televisione factual si nutre di fenomeni, di cose fuori dal normale, di personaggi unici e straordinari che però hanno la capacità di parlarti, divertirti e dare origine a una merce rara: a momenti di tv cosiddetti “OMG”.”

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Il 31 gennaio è andato in onda su Real Time Di fatto famiglie, un programma tv sulla quotidianità di alcune famiglie omogenitoriali. Il docureality è stato salutato da alcuni come un prodotto rivoluzionario, Prismo, ad esempio, ha speso parole di elogio per questo esperimento che unisce un format “pop”, com’è il factual, a una grande questione sociale, che sta muovendo un profondo dibattito tra l’opinione pubblica.

“Di fatto, famiglie, questa meravigliosa trasmissione su chi sono e come vivono le famiglie omogenitoriali, “non tradizionali”, usa la grammatica televisiva dei programmi di intrattenimento per il pubblico ampio e generico: come SOS Tata o Cucine da incubo. Al pari di questi successi televisivi, diverte e commuove raccontando situazioni in cui “persone semplici”, “come tutti”, appartenenti a “famiglie”, affrontano “problemi” e trovano “soluzioni”. Lo fanno “insieme”, “superando i conflitti”. Guardando il programma si impara qualcosa, si ride e si piange. È bellissimo, ed è un contributo essenziale al dibattito sulle famiglie omogenitoriali e spero che trovi un pubblico numeroso.”

E in effetti, per quanto riguarda Di fatto famiglie, Real Time ha effettuato un lavoro molto attento per introdurre in questo factual degli aspetti distintivi rispetto al palinsesto classico che propone. Prima di tutto il programma è composto da un solo episodio autoconclusivo, questa dimensione dell’una tantum evita proprio il rischio di invogliare l’istinto voyeristico delle audience. Il racconto poi assume un tono molto normalizzante, attraverso la narrazione della storia di tre famiglie omogenitoriali negli aspetti più semplici della loro quotidianità, ad esempio portare i figli a scuola o organizzare le giornate lavorative, e ponendo meno l’accento sulle difficoltà e i pregiudizi che potrebbero incontrare quotidianamente. A differenze di altri factual, per quanto riguarda Di Fatto famiglie la produzione ha deciso di non insistere sul punto di vista particolare di un solo personaggio e, all’interno delle singole narrazioni, i membri della famiglia hanno lo stesso peso. Queste scelte nell’organizzare la struttura narrativa del prodotto sono state effettuate certamente per depotenziare la capacità “straordinarizzante” che si trova nella natura intrinseca del factual contemporaneo, così da non lasciare che l’extra-ordinarietà delle singole storie prenda il sopravvento sull’intento opposto di normalizzare gli eventi narrati, facendoli entrare per vicinanza emotiva nelle case degli italiani. Anche la scelta di inserirlo nella programmazione della domenica sera non è casuale, la domenica è la giornata in cui si sta in famiglia.I_colori_dell_amore_2

Di fatto famiglie non è il primo e solo esperimento produttivo di Real Time incentrato su temi di ordine sociale. Nel 2015 la produzione ha messo in onda I colori dell’amore, factual dedicato alle coppie composte da partner di etnia differente. Una seconda stagione del programma sta andando in onda adesso, sempre di domenica. I colori dell’amore si differenzia da Di fatto famiglie perché racconta le relazioni di undici coppie presentandole sotto forma di serialità (8 episodi), ma mantiene lo stesso impianto narrativo del primo (punto di vista equamente distribuito, racconto normalizzante, ecc.).

Un dubbio, però, è sorto spontaneo guardando entrambi i programmi e concerne non tanto il factual in sé o la sua produzione, ma il destinatario del messaggio, cioè l’audience. Come viene recepito dalle audience un messaggio delicato e importante quando viene affrontato attraverso un genere popolare, che mira a smuovere l’emotività delle persone? O, in altre parole, il factual è il genere adatto per passare un messaggio a livello sociale? È indubbio che, per la maggior parte del tempo, nel genere factual sia tutto un proliferare di racconti di vite al limite e persone che, nonostante grandi difetti fisici o difficoltà motorie o problemi psico-sociali, sopravvivono, anzi “ce la fanno”. In qualche modo, quindi, il genere asseconda gli istinti voyeristici dello spettatore, mostrando sullo schermo grandi quantità di Freaks (Tod Browning, 1932) serializzato.

La risposta a questo dubbio è di difficile risoluzione, leggendo alcuni commenti su Twitter è emerso in effetti che l’audience affronta il tema in modo piuttosto eterogeneo, c’è chi ha seguito entrambi i factual assecondando un interesse puramente pedagogico e chi invece si è avvicinato ai programmi per l’aggancio emotivo che essi contengono, chi ha voglia di criticare o fare ironia sul tema. Di fatto non è possibile stabilire un modo univoco in cui l’audience possa recepire un messaggio di rilievo sociale, è possibile però per le emittenti televisive adottare un modus operandi produttivo (come ha fatto Real Time) per tentare svincolare in alcune occasioni il factual dall’immagine di genere che propone soltanto momenti di tv OMG.

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