Pokémon Go, tutti i colori della realtà
Nintendo e Niantic rivoluzionano il celebre media franchise
Il 2016 sembra l’anno d’oro della realtà virtuale. Chiunque sul web e negli ambienti accademici sta parlando dell’epoca aurea di giochi e tecnologia pervasiva, che permetterebbero un’interconnessione sempre più profonda tra realtà virtuale e mondo fisico. Questo ultimo anno è anche caratterizzato da una grande attenzione del pubblico verso testi cult del passato, come appunto i Pokémon (ne abbiamo già parlato a proposito dell’effetto nostalgia di Netflix).
Niantic lo sa. Partita come una start-up di Google (veniva finanziata dal colosso, ma non ne subiva alcuna influenza decisionale), ora con il successo di Ingress è una stand-alone company e ha deciso di dedicarsi a un nuovo progetto insieme a un altro dei grandissimi dei videogiochi: Nintendo. L’idea è semplice: recuperando la modalità di gioco di Ingress, si sostituiscono gli oggetti da conquistare, si mantiene l’idea di competitività e il concetto di exer-gaming. Tutto continua a basarsi sulla tecnologia GPS e WiFi Cell, quindi questo spinge a sperare in un costante miglioramento e in un potenziamento della ricerca riguardo a queste tecnologie.
Venendo da un prodotto di successo di questo tipo, Niantic ha quindi deciso di unirsi a Nintendo e Pokémon Company per riprodurre esattamente le stesse dinamiche, ma rinforzate dal brand Pokémon, che a più di 20 anni dalla sua nascita, risulta ancora leader nel settore, mantenendo nuovi e vecchi fan, rinnovando ogni volta il modo per entrare in contatto con essi.
Da sempre i giochi Pokémon sono stati un successo e Nintendo conosce bene il prodotto, visto che ne ha fatto lo zoccolo duro del suo mercato fin dall’inizio. Continuando a proporre l’esperienza Pokémon in una concezione mobile, si vuole insistere sui Pokemòn stessi come compagni di vita anche nell’età adulta. Infatti, benché le console Nintendo si siano evolute nel corso del tempo, tecnologicamente e dal punto di vista del design, sono ancora viste come un prodotto riservato a una fascia di età più giovane, che si ferma sicuramente prima della maggiore età. I pochi adulti che possiedono il device, comunque non lo userebbero in pubblico per ragioni di desiderabilità sociale.
Al contrario, lo smartphone su cui sarebbe implementato Pokémon Go è l’oggetto perfetto alla portata di tutti e che nessuno si vergognerebbe di mostrare e di possedere; la volontà di colpire il target dei nostalgici d’altronde è ben chiara nel commercial dove si vedono in maggioranza persone adulte che giocano all’esterno.
Per capire nel dettaglio come funziona Pokémon Go, è bene descrivere il funzionamento di Ingress: esistono due fazioni, Illuminati e Resistenza, che, secondo la storyline del gioco si contendono l’un l’altro portali, sparsi per il mondo conosciuto. Le forze in azione sono due e i motori che le spingono sono il possesso di due energie: una, l’exotic matter (XM) che permette al giocatore di utilizzare le sue armi e difendere i portali già conquistati; l’altra, le minds units (MUs) che conteggiano la densità di popolazione e il territorio che le fazioni si contendono, in una specie di contatore di conquiste.
Ora, il concetto di exer-gaming è semplice, ma fondamentale. Una premessa: in contrasto con il gaming da console o da PC, quello mobile è sempre stato un mondo più adatto ai casual gamer, ossia a tutti quelli che non aspettano con troppa trepidazione il lancio dei titoli all’E3 e non possiedono dispositivi atti al solo scopo di videogiocare. Ingress nella sua fattispecie rimane ibrido: mantiene la caratteristica mobile che facilita i casual gamer, ma non rifugge il mondo dei veterani, regalando un gameplay che se vuole essere divertente e soddisfacente deve arricchirsi di team raid, pianificazioni e collaborazioni o più semplicemente di facilitazioni tecnologiche da geek (le batterie esterne sono l’oggetto necessario nello starter pack del giocatore). La grande differenza alla base dei due concetti di gioco risiede nell’estrema polarità delle parole staticità e movimento: exer- gaming significa esercitarsi mentre si gioca, ossia far sì che il giocatore sia in qualche modo obbligato a muoversi (in questo caso camminare o correre) per completare obiettivi o acquisire nuovi oggetti. Questo, ovviamente, risulta possibile solo quando la fusione tra realtà e virtuale è perfetta, quando il campo di gioco è il mondo in cui ogni giorno viviamo e ci muoviamo e che magari non ci forniva più molti motivi per esplorarlo passata la naturale curiosità infantile.
L’exer-gaming in questo caso pare si evolverà a travel-gaming: i Pokémon che si dovranno catturare saranno diversi per regioni, per città e per luoghi geografici e alcuni di essi saranno presenti solo specificatamente nelle località più congeniali alle loro caratteristiche (nello specifico i Pokémon di tipo acqua nelle regioni marine o fluviali, etc.). Quindi gli achiever con l’anima più competitiva dovranno farsi parecchi chilometri per poter vantare di possedere questo o quell’altro Pokémon. Il gioco presenterà fazioni, ma più numerose; vi sarà presente tutto ciò che ha sempre caratterizzato il mondo Pokémon e probabilmente le palestre presenteranno le caratteristiche dei portali di Ingress (quindi, permetteranno di ricevere oggetti aggiuntivi, completando missioni). Come Ingress inoltre, vi saranno delle live organizzate che permetteranno ai giocatori di conoscersi e di combattere per ricevere oggetti o Pokémon rari.
In più, nella variante Plus del gioco sarà possibile acquistare quello che ricorda un moderno smartband sportivo che, permettendo al giocatore di risparmiare batteria (anche se, ne risparmierebbe dall’accensione schermo, ma ne perderebbe con il collegamento bluetooth costante) lo avverte della presenza di Pokémon nelle vicinanze e ne permette direttamente la cattura con una combinazione di tasti.
Pokémon Go sarà in free download, gli esperti parlano forse di una modalità pay-in-app; i rumors accennano a una release date speciale per l’universo Pokémon: il 27 febbraio 2016 infatti ricorreranno vent’anni dal lancio dei famosi capostipiti del titolo, Rosso e Verde (1996) per Gameboy.
A cura di Giulia Guizzardi.