Doctor Who: sineddoche seriale
Nel panorama seriale contemporaneo, se si dovesse scegliere un telefilm che sia simbolo di tutto un nuovo paradigma televisivo, il primo a venire in mente sarebbe, con ogni probabilità, Doctor Who.
Doctor Who è una serie inglese, la cui prima puntata è andata in onda nel 1963. La trama è semplice: un alieno dall’aspetto umano, il Dottore, ha una macchina che gli permette di viaggiare nel tempo e nello spazio. Aspetto che ha sempre lasciato un’enorme libertà narrativa agli autori che si sono succeduti nel corso di questi cinquant’anni.
La storia televisiva di Doctor Who è divisa in due tronconi: il primo, detto serie classica, che va dal ’63 al 1989; e un secondo, New-Who, che va dal 2005 e che è tutt’ora in onda, con in mezzo un tentativo di riportarlo in onda nel ’96 con un film per la televisione che però non ebbe il successo sperato. Longevità resa possibile dalla capacità del Dottore di reincarnarsi: ecco, così, che sono dodici gli attori che hanno interpretato il ruolo del Dottore in più di mezzo secolo.
Doctor Who, in cinquant’anni, ha attraversato l’intero spettro dei paradigmi narrativi. Ovvero, tutte le diverse evoluzioni che ha subito la narrativa seriale: si va, infatti, dai gruppi di serial (diverse puntate che insieme formano un’unica storia) degli inizi, ognuno scollegato dall’altro, ad una narrazione che nel New-Who è diventata sempre più orizzontale, tanto che, in alcuni momenti, si crea una continuity lunga cinquant’anni.
Inoltre, Doctor Who sotto vari aspetti può essere considerato erede di Lost, vera e propria pietra angolare delle serie tv contemporanee. Innanzitutto, per l’engagement che lega la serie ai suoi spettatori, dovuto sia alla sua lunghissima storia, sia ad un rinnovato interesse degli sceneggiatori per la costruzione di trame arzigogolate e che giocano con paradossi temporali, sorrette dal carisma del suo protagonista e da un ristretto numero di comprimari accuratamente delineati. Torna, quindi, quella capacità fondante di Lost, e di tutte le serie di successo degli ultimi anni, di unire l’epica all’umano.
Questa rinnovata passione, che in patria effettivamente nessuno si aspettava, essendo un telefilm morto e resuscitato, si esplicita, spesso, in una revisione maniacale dell’episodio da parte dei fan, una ricerca verso il dettaglio, verso la citazione di episodi passati, favorita da una scrittura degli episodi che fa l’occhiolino proprio a questo tipo di fruizione, ma anche in un tentativo, spesso fallace, di riuscire a prevedere gli sviluppi spazio-temporali dello show.
Doctor Who è una delle poche serie di cui si può parlare di vera e propria transmedialità, in cui, cioè, la creazione di materiale video per il web, o anche per eventi particolari come show di beneficenza, risultano inseriti e determinanti per la mitologia della serie. n realtà, la transmedialità di Doctor Who sarebbe molto più ampia, arrivando, addirittura, a diverse centinaia di storie radiofoniche, ma esse si sono sviluppate in parallelo alla serie televisiva, e sono state rese canon soltanto con un colpo di coda in uno degli web-episode recenti della serie; per non parlare, poi, di tutta una serie di romanzi veramente sterminata.
Ma, forse, il caso più rilevante di transmedialità in Doctor Who, che rispecchia anche la grande importanza che stanno assumendo i serial televisivi, riguarda più che l’ambito produttivo, quello distributivo: il 23 Novembre 2013, per festeggiare i 50 anni dalla messa in onda del primo episodio, è stato prodotto un episodio celebrativo della serie. La prima particolarità, per quanto vi siano stati altri precedenti, è che sia stato distribuito in 3D, dove possibile; ma ciò che è veramente degno d’attenzione è il fatto che l’episodio celebrativo sia andato in onda in 94 paesi contemporaneamente, cosa mai successa prima, e che sia stato distribuito, inoltre, anche in 1500 cinema nel Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Australia, Germania a America Latina.
In Doctor Who, la transmedialità si unisce, per quanto sia una tantum, ad una messa in onda globale e che travalichi i confini televisivi. Un’elevazione di ciò che era stato tentato con il finale di Lost, almeno in Italia, mandato in onda un paio d’ore appena finito negli Stati Uniti.
Doctor Who, quindi, ricapitola, in sè, l’intera evoluzione seriale, passata da episodi autoconclusivi a una serialità sempre più serrata, e a una distribuzione globalizzata e ravvicinata. Osservare la storia di Doctor Who permette, studiando la sua ontogenesi in fieri, di ricapitolare la filogenesi seriale.